A Roma presso san Pietro, san Gelasio I, papa, che, insigne per dottrina e santità, onde evitare che l’autorità imperiale nuocesse all’unità della Chiesa, illustrò con vera profondità di analisi le prerogative dei due poteri, temporale e spirituale, sostenendo l’esigenza di una mutua libertà; spinto dalla sua grande carità e dai bisogni degli indigenti, per soccorrere i poveri morì egli stesso poverissimo.
(dal Martirologio Romano)
Gelasio regnò per soli cinque anni, ma fu uno dei più energici e efficienti tra i primi papi, «famoso in tutto il mondo», come commentò un contemporaneo, «per la sua erudizione e per la santità». Non si conosce molto della prima parte della sua vita; di origini africane, nacque a Roma e a tempo debito divenne valido assistente e consigliere di papa Felice II.
Succedette a Felice nel 492 e dovette immediatamente affrontare alcuni problemi, su due fronti: una difficile situazione politica (i re ariani governavano tutto il primo impero occidentale, l’Italia era in guerra, Teodorico l’ostrogota aveva assediato il re Odoacre a Ravenna) e la conseguenza spiacevole causata dallo scisma acaciano (risultato della controversia sul monofisismo, condannato nel 451, al concilio dl Calcedonia, sulla questione che Gesù Cristo avesse una sola natura).
Per quanto riguarda il secondo problema, anche Acacio era ormai morto e il patriarca di Costantinopoli, Eufemio, desiderava risanare la frattura. Gelasio però era dell’avviso che fosse impossibile ripristinare l’unione, finché l’Henòtikon (un documento di compromesso, approvato dall’imperatore bizantino Anastasio I (491-518), che coincideva con alcuni insegnamenti monofisiti di Acacio) non fosse stato definitivamente censurato.
Con la sua ripetuta insistenza che la scomunica di Acacio, considerata non conforme ai canoni in Oriente, fosse giustificata, si alienò le simpatie dell’imperatore e porto i vescovi orientali a supporre che il suo atteggiamento costituisse una minaccia all’unità della Chiesa. In vista di questo, Gelasio infine reintegrò uno dei vescovi che erano stati scomunicati dal suo intransigente predecessore.
Si pensa che Gelasio sia stato uno scrittore produttivo, anche se della sua opera complessiva ci sono pervenute solo cento lettere e frammenti, insieme a diversi trattati teologici.
Le lettere dimostrano che fu un acceso sostenitore della sede di Roma: manifestò le sue prerogative e fu
probabilmente il primo papa a essere definito “vicario di Cristo”.
Più significativamente, esiste un brano, in una lettera ad Anastasio, in cui Gelasio spiega esattamente la giusta relazione tra autorità religiosa e secolare (ciò che definì come «l’ autorità consacrata dei vescovi» e il «potere regale»).
Ognuno, secondo lui, e indipendente nella propria sfera, sebbene la spiritualità sia inerentemente superiore, in quanto e il canale attraverso il quale viene riscattato il “temporale”. Anche se un sacerdote contemporaneo affermò che Gelasio aveva scritto un Sacramentario, il cosiddetto Sacramentario gelasiano, questo risale a un periodo successivo e senza dubbio non è opera sua.
Gelasio emerge dalla controversia acaciana come una personalità in qualche modo inflessibile e severa, ma chiaramente aveva anche altri aspetti; per esempio, è conosciuta la sua duratura amicizia con Teodorico.
Esiste poi il racconto di Dionisio Esiguo, scritto cinquant’anni dopo la morte di Gelasio, basato sui colloqui avuti con i discepoli del papa defunto, che fa riferimento alla sua umiltà, al suo desiderio di servire piuttosto che governare, al suo spirito di preghiera e alla sua grande generosità verso i poveri: credeva che i vescovi avessero il dovere di devolvere in carità un quarto dei loro guadagni. Gelasio morì nel 496.
(A. Butler, Il primo Grande Dizionario dei Santi secondo il calendario, Piemme, ed. 2001)